Agosto, sono rimasti in una dozzina i Rom qui da noi.
Le relazioni si intrecciano e si entra sempre più a
contatto, ognuno fa il suo: le ragazze che educano, insegnano un po’ di
italiano e fanno disegnare i bimbi ( insieme a D. hanno costruito una casetta di
cartone e poi l’hanno colorata a tempere, per i gatti ancora cuccioli che
tornano da noi la sera.
Io dal mio, lavoro con D. su un po’ di psicomotricità,
diciamo che per ora giochiamo,anche se fa il grande teme molto il contatto. Ha
preso una brutta botta sei mesi fa al ginocchio, ora secondo me quell’osso
sporgente che non gli consente di inginocchiarsi è proprio la tibia, spostatasi
dalla rotula ma per ora nessuno che faccia a lui una radiografia (se non a
pagamento). Non ha la tessera sanitaria, avendo vissuto in un campo sino a poco
fa. Un po’ di Chi Sao,” mani appiccicose” e qualche leva giusto per giocare un
po’ corpo ed emozioni.
B., gran lavoratore (eh sì un Rom che lavora tutte le
mattine alle 5.00 a bergamo da Milano, sorpresi vero? Brutta malattia i luoghi
comuni sugli zingari) ha festeggiato il suo compleanno, gli han fatto una festa
a sorpresa e la sua compagna ha organizzato grandiosamente il tutto, comprese
le fettone di ottima torta messe da parte per noi operatori.
Chiacchierando con F. in ua afoso pomeriggio, divorati ormai
perennemente da fameliche zanzare tigre mi racconta qualche storia.
Sul carretto di suo padre trainato dai cavalli, la carrozza
che ancora usano in Romania e parlando riscontriamo molte similitudine tra come
viveva mio nonno in calabria, contadino e pastore e suo padre, nella famiglia
da cui lui proviene. Dal rito dell’uccisione del maiale al peperoncino fatto in
casa.
Mi narra che Salutzka, da dove viene lui è un piccolo
paesino tra le campagne, a una quarantina di silometri da krajova. Quando c’era
il regime di Ceausescu c’era un sacco di lavoro, ma poco era il cibo, pagavano
in ticket e chi aveva i soldi non sapeva come spenderli poiché quasi tutta la
produzione del Paese veniva esportata. Ride quando mi racconta le centinaia di
km che si faceva per recuperare il pane a Bucarest,che da lui non c’era, e ogni
panetteria non ne dava più di 10, quindi passava il giorno a girarsi le
panetteria di Bucarest per portare a casa la pagnotta. Mi spiega che suo
fratello fu preso un pomeriggio al cinema e arrestato, poiché chi non lavorava
si faceva 6 mesi di galera. Allibisco!Minchia!!
Un omone sui 50 suonati ,di 100 e passa kili, pacato quanto
un Bhudda, dal vocione profondo e squillante.
Dopo la rivoluzione l’esatto contrario, c’era cibo in
quantità ma non si trovava lavoro e quel poco era davvero mal pagato.
Poi il pensiero a suo padre,solo, lo rese triste per un
momento..ma subito gli venne in mente un'altra storia e scoppiò in una
fragorosa risata:
“c’era un..come si chiama? Lago sì, dove i pesci venivano
veniva messi e gli davano da mangiare. Bello, lì si andava a pescare e prendere
il sole. Poi un giorno, si è rotto tutto a l’acqua è uscita e tutti prendevano
pesci, uscivi di casa e dietro la stalla trovavi i pesci, le strada piene di
pesce..ahahahahah”
Rido anche io, mi immagino la scena, la diga rotta e tutto
il paese inondato prima d’acqua, e poi di pesce fresco.
Il proprietario del lago era disperato che voleva venderli .
Ora quell’uomo è sindaco.
A. che trovò lavoro come badante a un anziano, ma ebbe
sfortuna.
Vi era un'altra ragazza sudamericana che faceva la notte con
lui, per insegnare ad A. come doveva lavorare si fece rimpiazzare per quei
giorni dalla cugina,che faceva così le notti al posto suo mentre lei, spiegava
ad A. come operare.
Un giorno lasciò la borsetta in bagno e chiese ad A. di
andargliela a prendere. Potè così incolparla di furto e far assumere la
beneamata cugina. La donna che le assunse credeva ad A. ma non fece nulla.
Si vociferano leggende sul nomadismo dei Rom, e anche io
prima di conoscerli li reputavo tali ma ora, mi rendo conto che di nomade non
hanno nulla ormai. Non fanno musica, non lavorano i metalli, non hanno
banchetti e carrozzoni. Vogliono solo un opportunità per campare degnamente.
Mandare i figli a scuola, che in un campo non si può,
essendo sempre sotto sgombero. Non si può neppure tenere un lavoro se lo si
trova, perché un uomo non lascerebbe mai la sua famiglia in un campo con degli
sconosciuti, nel caos e coi topi grossi come cani.
De andrè in un intervista diceva che gli darebbe il premio
per la pace, io non condivido, poiché se da una parte non bisogna spergiurarli
dall’altra nemmeno fare idolatri, ciò gli estremi non vanno bene. Come dire che
gli italiani sono tutta brava gente o tutti mafiosi.
Ogni uomo un microcosmo o più.
Qua ora bisogna trovare soluzioni sanitarie, per il resto,
sono tutti in ferie, dal comune ai servizi divario genere quindi, manteniamola
fase “villeggiatura” ma non troppo.